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Udine- Il vernissage di questa fantastica raccolta di opere d’arte con il comune denominatore «La forma dell’infinito» sta per aprire le porte ed esattamente da sabato 16 ottobre 2021 al 27 marzo 2022.   Udine diventa una città di spettacolare richiamo in Italia e in Europa per gli amanti della grande arte, si arricchisce di un altro colpo di scena.

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«La forma dell’infinito» – questo il titolo dell’esposizione, al secondo piano della rinnovata sede di Casa Cavazzini, che si preannuncia come un evento di portata eccezionale, senza precedenti nella storia della città – ospiterà anche il dipinto Natura morta davanti a “L’Espérance” di Paul Gauguin (Parigi 1848 – Hiva Oa 1903), un vero e proprio testamento spirituale dell’artista.

Le sale del museo di arte moderna e contemporanea del capoluogo friulano, ora dotate di soluzioni al passo con i migliori ambienti espositivi al mondo, stanno per diventare lo spazio teatrale dove 50 opere strepitose, come attori che vivono e parlano, avvinceranno i visitatori in un racconto capace di toccare il cuore e l’intelligenza e di stupire con colpi di scena di bellezza e privilegi assoluti.

Una mostra che ha il sostegno di Regione Fvg, Promoturismo Fvg, Erpac, della Fondazione Friuli, della Camera di Commercio, Confcommercio, Confartigianato, Confesercenti, Una ed è realizzata con il sostegno speciale di Gruppo Hera Amga Energia e Servizi.

Inoltre, gli sponsor tecnici della mostra sono Arriva Udine, Aspiag Despar, Illy, Midolini, Ssm, mentre gli sponsor sono Danieli & C, Officine Meccaniche spa, Ferriere Nord spa, Autostar, Bcb Law, Bortolin, Fantoni spa, Beantech, Faber Industrie spa, Gruppo Gesteco Luci, Pratic, Udinese Calcio, Cumini e Galleria Bardelli.

La notizia dell’opera di Gauguin è stata data oggi in conferenza stampa alla presenza del sindaco di Udine, Pietro Fontanini, degli assessori regionali Tiziana Gibelli e Sergio Bini, e del curatore della mostra don Alessio Geretti.

Già il tema della mostra dischiude porte su vasti paesaggi dell’anima. Secondo il progetto voluto dal curatore, Don Alessio Geretti – sacerdote udinese e direttore artistico delle mostre di Illegio –, «La forma dell’infinito» è infatti una chiave per entrare nell’arte moderna e contemporanea, anche per coloro che normalmente faticano a comprenderla, scoprendo una delle intenzioni fondamentali che hanno animato tanti pittori dalla fine dell’Ottocento e per tutto il corso del Novecento: rendere visibile l’infinito che dietro la prima apparenza delle cose sussurra alla mente e al cuore umano. L’uomo non può comprendere nulla di se stesso, della sua condizione, della sua grandezza e della sua inquietudine, se non rendendosi conto d’essere un’immensa aspirazione all’infinito. Perciò esiste l’arte: non per produrre decori frivoli né per riprodurre le fattezze di ciò che abbiamo sotto gli occhi, ma per dare forma a quella tensione all’infinito, incantevole e misteriosa, che ci rende unici nell’universo. Tra pennellate e colori, paesaggi mistici e astrazioni audaci, i capolavori dei più grandi geni dell’arte, specialmente dall’Impressionismo in avanti, sollevano il velo del mondo visibile e lasciano affiorare sulla superficie dei quadri gli enigmi, le nostalgie, le ricerche di chi percepisce l’altro lato della realtà, o il dolore della finitezza senza prospettive di chi si convince che non c’è risposta alla domanda di infinito che ci portiamo dentro.

La mostra «La forma dell’infinito» intende dare al visitatore la percezione d’essere il destinatario di una rivelazione suggestiva, con opere che facciano sfiorare l’infinito. Basti pensare alle firme dei cinquanta capolavori, molte delle quali appartengono ai più importanti protagonisti dell’arte negli ultimi due secoli: Claude Monet, Paul Cézanne, Alfred Sisley, Henri Matisse, Dante Gabriele Rossetti, Michail Nesterov, František Kupka, Vasilij Kandinskij, Aristarch Lentulov, Natal’ja Gon

arova, Odilon Redon, Maurice Denis, Jacek Malczewski, Mikalojus Čiurlionis, Nikolaj Rerich, Medardo Rosso, Umberto Boccioni, Pablo Picasso, Emilio Vedova, Ernst Fuchs, Hans Hartung e altri ancora. Mai Udine ha visto tanti giganti del bello darsi convegno in una mostra che smuove opere da nove paesi d’Europa, collegando la città friulana con straordinarie capitali culturali, tra cui Parigi, Londra, Vienna, Barcelona, Praga, Mosca, insieme ad altre e a diverse sedi italiane. La bellezza del progetto e dell’idea di fondo della mostra – tracciare una strada d’arte verso l’infinito – ha convinto a concedere prestiti estremamente pregiati musei illustri e collezioni più piccole ma importanti, pubbliche e private, che già denotano la levatura dell’esposizione: nell’elenco dei prestatori, Udine può rallegrarsi della collaborazione, fra gli altri, del Belvedere di Vienna, della collezione Peggy Guggenheim di Venezia e della Fondazione Solomon R. Guggenheim di New York, ma anche della Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma o del MART di Rovereto, della Galleria Tretyakov di Mosca e del Museu Picasso di Barcelona.

Ci sono fini conoscitori dell’arte che avrebbero fatto pellegrinaggi faticosi pur di poter vedere da vicino opere che è rarissimo appaiano in Occidente, e a Casa Cavazzini potranno contemplarle con viva emozione: così sarà, ad esempio, con i tre dipinti di Nicholaj Rerich o con i cinque dipinti di Mikalojus Čiurlionis, che eccezionalmente lasciano le loro sedi approdando al Friuli.

Ci sono file di devoti del geniale e visionario Kandinskij che a Udine potranno ammirarne tre, uno accanto all’altro, e tra essi «La Piazza Rossa» – altro prestito quasi incredibile concesso dalla Tretyakov di Mosca –, cioè l’opera simbolo della svolta di quell’artista, frutto di una sorta di estasi artistica, decisiva per la strada che da allora imboccò la creatività del genio russo.

E poi, basterebbe a rendere questa esposizione un evento imperdibile il fatto che in essa diventano accessibili 11 capolavori mai visibili al pubblico, in particolare sei dei quali totalmente inediti e che Udine propone quindi per la prima volta all’attenzione del mondo: così le opere di Umberto Boccioni, di Aristarch Lentulov, di Elena Bebutova, di Natal’ja Gon

arova, di Pyotr Petrovi

ev, ma soprattutto uno straordinario dipinto di Claude Monet, mai concesso in prestito a nessuno prima che a Casa Cavazzini, se non – unico altro episodio nella sua storia – alla National Gallery di Londra!

E per un tocco di completezza, accanto a tanti astri del cielo dell’arte, brillerà di luce suggestiva anche un’opera friulana, a firma dell’indimenticabile Giovanni Napoleone Pellis, a testimonianza che anche nella nostra piccola Patria la grande arte ha avuto i suoi ambasciatori.

La spettacolare sequenza di tele che trapasserà l’anima del visitatore dialoga perfettamente con le collezioni permanenti di Casa Cavazzini, che insieme alla mostra riapriranno le loro porte al pubblico dal prossimo 16 ottobre: sarà del tutto naturale e per certi versi necessario soffermarsi, al primo piano o al piano terra, dinanzi alle opere di Afro, Mirko e Dino Basaldella, al taglio di Lucio Fontana, alle opere di Giorgio De Chirico e Alberto Savinio, di Carlo Carrà e di Filippo De Pisis che impreziosiscono la sede lasciata in eredità al Comune di Udine dal commerciante e collezionista Dante Cavazzini.

Ma forse uno degli aspetti più magici della mostra, che per oltre cinque mesi potrà rendere il centro storico udinese come un cuore pulsante, è il suo carattere di meditazione d’arte. Non si tratta di un approfondimento per pochi specialisti né di una rassegna che sollecita le masse con i consueti filoni artistici di moda: «La forma dell’infinito» è un’introduzione al perché la pittura dell’Europa occidentale e orientale s’è incamminata sui diversi sentieri che, lasciandosi alle spalle l’Impressionismo e l’Espressionismo, hanno tentato di riaprire gli occhi dell’umanità per salvarci dallo scivolamento nella miseria spirituale, nell’ebrezza materialistica, nella incomunicabilità reciproca. Si tratta cioè di una “storia spirituale dell’arte”, che raramente è dato di poter leggere tutta d’un fiato di fronte a testimonianze così eminenti degli ultimi due secoli. Questo approccio alle opere d’arte è la firma tipica delle mostre nate ad Illegio – ed infatti quella di Casa Cavazzini è stata affidata dal Comune di Udine proprio al soggetto che di anno in anno propone nel piccolo borgo carnico esposizioni internazionali di grandissimo successo –. Le mostre “in stile Illegio” sono note non soltanto per la levatura straordinaria dei capolavori che vi si ammirano, ma specialmente per il fatto che in esse i visitatori sono sempre tutti accompagnati da giovani guide ben preparate ad offrire la grazia di una chiave di lettura completa, di una luce ulteriore, insomma, sulle singole opere con la quale è possibile vederle davvero e gustarle due volte tanto. Così avverrà anche a Casa Cavazzini, con il prezioso servizio di tante guide formate per l’occasione o, in alternativa, delle audioguide predisposte dal curatore.

E mentre i visitatori scopriranno perché le pennellate si fanno frammenti di luce in Monet o sentieri intellettuali in Kandinskij, o perché un groviglio inestricabile imprigioni il nostro sguardo su una tela di Vedova o un’evanescenza impalpabile lo liberi senza più pesi mentre osserviamo le opere di Redon, la mostra infiammerà i sensi e il pensiero facendo sentire i visitatori avvolti da scenari che evocano il senso dell’immensità o la possibilità che il suo inizio stia qui accanto, e noi sempre in bilico tra finito e infinito. Visitare una mostra così è fare un viaggio in se stessi, non semplicemente attraversare stanze di un museo.

Naturalmente è necessaria la prenotazione per tutti (sarà accettata anche con preavviso minimo se ci sono posti disponibili), attraverso il telefono (0432.1279127) o la mail (prenotazioni@laformadellinfinito.it) o l’apposito modulo nel sito www.laformadellinfinito.it. Le prenotazioni sono aperte.

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Di Redazione 1

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