L’arte contemporanea rappresenta un sistema riservato sempre più ad un pubblico elitario, di nicchia: uscendo dall’entourage di appassionati e collezionisti rimane una nebulosa, un enigma apparentemente indecifrabile. I mezzi di comunicazione ne danno notizia soltanto quando qualche artista crea una performance eclatante, dopodichè la parentesi si chiude e di arte non se ne sente più parlare. Non vi è indubbiamente la stessa attenzione rivolta ad altri settori come il calcio o la politica, che entrano quotidianamente ed in modo prepotente nella nostra vita.

I guardiani del santuario dell’arte non si rammaricano di questo, ma al contrario sembra esserci una consacrazione di una certa arte contemporanea in funzione della sua scarsa o nulla comprensibilità da parte delle masse. L’idea che se ne trae è quella di una èlite che tende a trattare l’arte come un proprio orticello privato, un bene pregiato per pochi eletti, in modo da essere in grado di mostrarla quando occorre, difendendo e rafforzando il proprio sistema esclusivo e classista e la propria superiorità sul volgo ignorante a cui la modernità appare preclusa.

Inoltre, il mercato dell’arte ha raggiunto valutazioni decisamente elevate. Il fascino delle cifre a molti zeri spinte dalle case d’asta e da taluni mercanti d’arte eccessivamente disinvolti, hanno portato ad emarginare dall’acquisto quella pletora di acquirenti appartenenti al ceto medio di professionisti, imprenditori che costituisce un parterre di appassionati ed intenditori con una capacità di acquisto non infinita ma carica di attenzione e conoscenza per il lavoro degli artisti.

Dall’altro lato sono presenti galleristi e critici d’arte che desiderano che non venga esaltata solamente la nostra gloria passata ma mirano a portare anche quella attuale al grande pubblico, esponendo ed argomentando in maniera semplice e diretta anche concetti molto complessi per rendere comprensibili determinati linguaggi che necessitano di una approfondita spiegazione. La figura del critico d’arte è di fondamentale importanza, considerando il grave problema educativo e culturale dei giorni nostri che vede musei desolatamente vuoti e libri di cultura invenduti sugli scaffali delle librerie. Questo testimonia il progressivo e probabilmente inarrestabile impoverimento culturale a cui stiamo assistendo; la cultura non riscuote interesse e chi è impegnato a divulgarla fatica tanto quanto praticare uno sport estremo. Lo sanno bene tutti gli operatori culturali che giornalmente si adoperano per cercare di mantenere accesi i riflettori sul nostro patrimonio di conoscenze.

Le persone che accusano l’arte di non essere democratica, sono le stesse che non ne accettano le nuove forme espressive, il nuovo modo di fare arte, arroccandosi nel pregiudizio che l’arte attuale non è arte, rivolgendo uno sguardo nostalgico allo specchietto retrovisore di una antichità rassicurante che rimanda immagini immediatamente riconoscibili.

Riflettere su questo significa impegnarsi non solamente a divulgare quello che l’artista ha voluto comunicare nelle sue opere, ma ampliare tutto quello che gravita attorno all’opera d’arte, favorendo un cambiamento nella lotta alla disinformazione ed al degrado del nostro patrimonio artistico, per poter vivere in un mondo di bellezza consapevole e non di grottesca miseria.

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