In natura non avviene: le pecore restano pecore, i lupi rimangono lupi. Nel calcio, invece, la metamorfosi sorprendentemente si materializza e basta una settimana per passare dai belati agli ululati famelici. Fuor di metafora, i bianconeri dell’Udinese che sette giorni fa si erano offerti svogliati e indifesi alle brame del Genoa, scatenando le ire dei tifosi per la prova imbelle, decidono di lucidare le zanne per diventare predatori e mandare a casa, umiliata nel gioco e surclassata sul piano fisico, la (fu) capolista Napoli.
È stata la più bella partita dell’anno per l’Udinese. La partita perfetta per preparazione strategica, per mentalità, per contenuti tecnici, per continuità, sfruttando due fattori condizionanti per il gruppo di Conte: alcuni titolarissimi fuori per infortunio e le fatiche accumulate per i molteplici impegni, ultimo dei quali la trasferta infrasettimanale di Champions a Lisbona finita male con la vittoria del Benfica.
Subito dopo la sconfitta col Genoa, Kosta Runjaic, rinunciando alla dimensione abituale di zio buono, aveva annunciato un duro chiarimento con la squadra, messa di fronte alle proprie responsabilità nei confronti della classifica e soprattutto dei tifosi che non si potevano deludere oltre, pena uno scollamento di cui già si coglievano le avvisaglie. Il messaggio è stato recepito e allora è partito l’ordine anti-Napoli: concentrazione e ritmo da 100 all’ora sin dal primo secondo di gioco. Quindi attaccare e attaccare portando più uomini a ridosso dell’area partenopea ed evitando la minima sbavatura nella fase difensiva.
Se il primo tempo è stato di sostanziale equilibrio, con un lieve vantaggio partenopeo nel possesso palla, nella ripresa l’Udinese si è scatenata, ci ha messo ancora più vigore e convinzione, cogliendo anche i primi cedimenti degli uomini di Conte, il quale si sbracciava invitando i suoi a gestire palla, a congelare il gioco, salvo vedere i bianconeri accentuare la pressione per recuperare e ripartire a pieno organico. La prima mezz’ora è stata fuoco e fiamme. Due volte il Var ha salvato il Napoli segnalando un fuorigioco di pochi centimetri a Davis che aveva realizzato la rete del vantaggio, e quindi strozzando il grido del gol a Zaniolo per una precedente “carezza” di Karlstrom a Lobotka dopo aver rubato palla. In mezzo anche una clamorosa traversa di Piotrowski, inseritosi di prepotenza in area. Ma il profumo del gol si sentiva lontano un miglio, doveva arrivare… Così è stato grazie al destro fatato di Ekkelenkamp, esemplare per continuità e intelligenza tattica, il quale ha mandato il pallone nel sette con una traiettoria a giro che ha lasciato di sale quel drago di Milinkovic Savic.
Antonio Conte ha tentato di rianimare la sua squadra con i cambi e almeno in un caso ha avuto ragione allorché ha buttato nella mischia il grande ex Lorenzo Lucca. È stato lui, immarcabile nel gioco aereo, a fornire il migliore degli assist al danese Hojlund, che si è divorato il pari a tre metri dalla porta sparando alto, prima di mettersi in proprio e in pieno recupero cogliere il palo esterno in spaccata. Ma sarebbe stato troppo.
A 21 punti l’Udinese ha agganciato il Sassuolo (pari a San Siro col Milan) in nona posizione e davanti ha la prospettiva di affrontare domenica prossima in trasferta la Fiorentina, che sta sprofondando irrimediabilmente dopo la sconfitta interna col Verona. Se ripeterà anche soltanto in parte la prestazione anti-Napoli, l’Udinese metterà un altro bel mattone alla costruzione del programma annuale: chiudere la stagione ad almeno 50 punti.





