GUARDARE AL FUTURO DELL’INDUSTRIA CON GLI OCCHI DEI MANAGER

Daniele Damele

Il 2025 si concluderà ancora una volta con luci e ombre, ma denso di speranze 

L’industria italiana ha attraversato e attraversa ancora un anno, il 2025, di profonde sfide e trasformazioni. La concorrenza dei Paesi asiatici è risultata sempre più aggressiva, gli investimenti pubblici in innovazione e tecnologia vanno a rilento o addirittura si bloccano anzitempo (vedasi Industria 5.0) e cresce l’ingresso di fondi finanziari che gestiscono le aziende secondo logiche di breve termine, spesso in contrasto con la visione industriale tradizionale cui eravamo abituati al Nord. Serve una nuova “vision” con al centro i manager, capaci guardare al futuro con responsabilità sostenendo l’innovazione come leva strategica per il nostro Paese. Sono convinto, infatti, che senza una vera azione di responsabilità dei dirigenti il futuro sia foriero di ombre. 

Federmanager ha festeggiato nel 2025 gli 80 anni di attività, anni durante i quali imprenditori e dirigenti hanno portato benessere al territorio. Oggi la situazione è diversa. La fase di post-globalizzazione ha mutato radicalmente tutto. Il settore industriale fatica a tenere il passo con le nuove tecnologie, la transizione digitale. L’aumento delle importazioni dalla Cina a fronte di un calo delle esportazioni nazionali indica le difficoltà che stiamo attraversando. Le tecnologie evolvono rapidamente, ma la formazione per la gestione delle medesime non sempre va di pari passo. Ergo, se il sistema non è pronto lo sviluppo tecnologico è un problema.

Che fare? La PA deve porsi a fianco di imprese e manager con investimenti importanti per lo sviluppo tecnologico. Il Parlamento deve procedere in forma più decisa a favore dell’abbassamento del cuneo fiscale mentre la finanza deve favorire le imprese puntando al loro sviluppo secondo una logica di prospettiva industriale e tecnologica. Com’è noto il contesto globale è segnato da instabilità geopolitiche, transizioni energetiche, normative complesse e mercati fortemente competitivi. È ovvio che tutti (almeno si spera…) auspichiamo pace e non guerre, nemmeno commerciali, ma il futuro del sistema produttivo italiano dipende dalla capacità di giungere a una collaborazione reale tra imprese, istituzioni, dirigenti e lavoratori. 

Occorrono provvedimenti urgenti e inderogabili per fronteggiare le innumerevoli conseguenze della congiuntura geopolitica internazionale. Le imprese devono tornare al centro dell’agenda politica, bisogna lasciarle lavorare senza lacci e lacciuoli, sburocratizzando e garantendo strutture e supporto per poter crescere. Rispetto a Industria 5.0, ad esempio, è del tutto necessario apportare delle modifiche al provvedimento, ma di pari passo è indispensabile sviluppare le infrastrutture materiali e immateriali, ovvero energia e digitalizzazione. E se è impensabile tagliare un incentivo come il 5.0 senza preavviso anticipandone la scadenza, bisogna mantenere alta l’attenzione sull’export e sin d’ora sul post-PNRR (dal 2027) per prevenire la stagnazione.

Come tante altre volte accaduto in passato il quadro è complesso stante la crisi demografica, le crisi geopolitiche e una transizione digitale che richiede investimenti e accompagnamento. Servono misure con una visione pluriennale. È indispensabile mettere al centro l’industria perché se va bene l’industria, specie manifatturiera, va bene il Paese. E allora via all’Alta Velocità per tutte le aree ancora non coperte dalla stessa, alla risoluzione per oggi per domani della questione energetica, ma via anche ai rinnovi contrattuali di tutte le categorie dopo quello dei metalmeccanici, al social housing e a percorsi strutturati e corretti di migrazione programmata via a semplificazioni burocratiche, scadenze e regole certe (testi unici).

La panoramica d’insieme delinea insomma un momento ciclico piuttosto delicato caratterizzato da un approccio improntato appunto alla cautela, ma ciò che occorre è puntare a innovare e collaborare per consolidare la produttività e la competitività in un contesto internazionale, di post globalizzazione, sempre più veloce nei cambiamenti. Si chiede d’investire nelle competenze tecniche, nella formazione di dirigenti e lavoratori, di elevare gli investimenti in ricerca e sviluppo, di garantire energia a costi accessibili.

Daniele Damele

Presidente di Federmanager FVG

e Segretario CIDA FVG 

Da Redazione 1

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