Una quarantina di milioni in panchina, come non ci fossero stati
un’estate e un mercato di mezzo. Runjaic mette in campo la vecchia
Udinese (nemmeno uno dei nuovi arrivati nell’undici di partenza!) che
finisce sbatacchiata e travolta come quella dell’11 aprile scorso. Da
Conceicao a Max Allegri c’è un solo gol di differenza, allora 0-4 oggi
0-3 e il Milan si porta a casa il terzo successo consecutivo senza
subire neppure un gol. Milan sontuoso, padrone, spietato, con più
profeti in campo se pensiamo al professor Modric e all’indiavolato
Pulisic dal quale il nostro Iker Bravo dovrebbe andare a ripetizione
di seconda punta, il tutto sorretto da un centrocampo solidissimo e da
un pacchetto arretrato sontuoso: Tomori, Gabbia e Pavlovic non hanno
fatto passare neppure uno spillo, concedendo ai nostri bianconeri
soltanto velleitarie traiettorie da lontano. Consegne ben assimilate:
palla a terra e puntare decisi sul settore destro bianconero, il più
debole, dove è un gioco da ragazzi guadagnare superiorità numerica.
Stavolta Kosta Runjaic non la passa liscia, ammesso che paron Pozzo
abbia ancora la forza di tuonare come faceva un tempo contro le
corbellerie dei suoi allenatori. Se questa Udinese è il risultato di
tre mesi di lavoro e di una settimana di elucubrazioni tattiche,
ebbene il tecnico è il primo che deve battersi il petto anziché
chiamare in causa gli errori individuali dei suoi uomini. Che ci sono
stati, sia chiaro, del solito Ehizibue, persino di Karlstrom (ma come
si fa, capitano, a uscire in dribbling centrale dall’area!), di un
portiere tutto istinto e poco piazzamento come Sava buono al più per
il campionato di serie B.
Bene, anzi male. Qui non si contesta il modulo (4-4-2, già
sperimentato in estate ma mai presentato finora in campionato), si
criticano le scelte degli uomini chiamati a interpretarlo e più in
generale la condizione: alla quarta di campionato una squadra senza
forze, senza convinzione, subito rintanata indietro ad aspettare la
mazzata dell’errore proprio. Una riedizione, insomma, dell’Udinese che
mise assieme la miseria di 3 punti nelle ultime dieci gare della
scorsa stagione.
Mi piacerebbe sapere, per esempio, quali percorsi mentali Runjaic stia
seguendo per concedere fiducia illimitata ad Ehizibue quando in
panchina, capaci di coprire il fianco destro, la parte molle dello
schieramento bianconero, ci sono Bertola, Zanoli e Goglichidze.
Ingenua e tuttavia più comprensibile la decisione di rinunciare a
Piotrowski per ricorrere a Zarraga, discreta riserva e niente più, a
centrocampo: pensava, Runjaic, che il passo dello spagnolo meglio si
adattasse alle cadenze di Modric, come se lo “zio croato” si facesse
mettere il sale sulla coda abile com’è a muoversi su tutto lo
scacchiere centrale e a sottrarsi a ogni intercettazione. E poi: siamo
sicuri che Ekkelenkamp (prima chiamata, subito flop) e Atta vadano
impiegati a quel modo?
Come dire, insomma, che c’è molto di Runjaic in questa sconfitta che
riporta a terra l’Udinese dopo il volo seguito alle vittorie su Inter
e Pisa. Può darsi che Allegri abbia usufruito delle sapienti soffiate
del vecchio maestro Galeone, ma ciò non fa che rafforzare la sostanza:
la sua è stata una lezione di preparazione mentale e di tattica.
“Queste sconfitte aiutano a crescere, dobbiamo farne tesoro” dichiara
Runjaic e l’affermazione vale in primo luogo per lui stesso.
Onestamente, dopo un anno italiano pensavamo che herr Runjaic avesse
maturato esperienze sufficienti per non incappare in topiche tanto
evidenti e clamorose. Al punto che non solo la critica, ma pure in
società, cominciano a guardarlo con minore compiacenza.