E’ un mistero cosa si faccia e si pensi in sala Var. Ce l’avete con
noi? Oppure ritenete che non si debba scomodare l’arbitro dopo soli
due minuti di gioco per segnalare un fallo di mano (di Hien) da rigore
inconfutabile? O magari si gioca a tresette tra un’occhiata e l’altra
ai monitor? E’ lecito anche rifugiarsi nell’ironia, non fosse che il
baraccone dell’Aia sta pesantemente condizionando l’andamento del
campionato e in particolare dell’Udinese che dopo le rimostranze nei
confronti della direzione di Chiffi a San Siro è costretta a una nuova
esternazione per censurare la conduzione arbitrale della partita di
Bergamo.
Educato, severo, sottilmente canzonatorio… tutte queste sfumature
esibisce il plenipotenziario dell’area tecnica Gian Luca Nani per
esprimere lo sconcerto per un andazzo insopportabile. Si vede e si
sanziona la pagliuzza, si ignora la trave, il fatto grave che
condiziona il risultato.
L’Atalanta ha vinto, baciata da convergenze positive. Sul piano
tecnico-tattico decisiva si rivela la mossa di Gasp di innestare nella
ripresa Bellanova, le cui accelerazioni destabilizzano la catena
sinistra bianconera fino alla sciagurata autorete di Tourè, secondo
autogol consecutivo dopo la schienata di Okoye nella partita
precedente. Contro la Juve era andata in crisi la catena di destra (e
infatti l’approssimativo Kabasele non ha visto campo, mentre da
subentrante è apparso l’esuberante Abankwah), stavolta si balla dalla
parte opposta. Tutte situazioni che testimoniano un atteggiamento
difensivo che non trova stabilità e coesione. Questione di uomini non
tutti all’altezza, certo, ma forse anche di meccanismi ancora in cerca
di equilibrio che soltanto il tempo e l’abitudine miglioreranno.
Null’altro si può imputare all’Udinese di Bergamo. Per un’ora la
celebrata Atalanta è stata l’Udinese, con fasi di gioco addirittura
entusiasmanti. Ma poco si è portato a casa in quel primo tempo
ruggente, il gol di Kamara realizzato con un esterno sinistro di rara
bellezza dai 25 metri. Restano incompiuti gesti meritevoli di miglior
sorte: Lavric in solitaria sgroppata ipnotizzato da Carnesecchi, la
traversa di Payero, la rete negata a Davis per una spintarella a De
Roon veniale non meno di quella a Gatti costata l’annullamento contro
la Juve; e ancora a inizio ripresa, prima dello show di Bellanova, i
centimetri che vanificano il pallonetto di Thauvin in ribattuta.
Tre tacche rosse, una dietro l’altra, fanno una certa impressione. Tre
sconfitte consecutive – inaugurate a Venezia dove colpevolmente si è
persa una partita già vinta – farebbero pensare a una squadra in
crisi. Così non è. Soltanto che in questa fase l’Udinese sta pagando a
dismisura non già difetti strutturali che non vediamo o una conduzione
tecnica deficitaria, bensì carenze individuali che di volta in volta
affiorano vanificando la prestazione collettiva.
In mezzo e sopratutto davanti l’Udinese è ben attrezzata, resta da
rifinire il nucleo della terza linea. Già si è assicurata un difensore
di valore come Omar Solet, che potrà schierare però soltanto da
gennaio; qualcos’altro Gino Pozzo farà nel mercato invernale
soprattutto se Runjaic riuscirà a valicare gli ottavi di finale di
Coppa Italia. Il 19 dicembre, a San Siro, l’Udinese incrocerà l’Inter,
che in campionato ha vinto al Friuli grazie a tre-regali-tre proprio
dei difensori bianconeri. Non si tratterà, dunque, di una missione
senza speranza se affrontata a muso duro, evitando leggerezze.
La coppa Italia: ecco un bel traguardo cui puntare. Questa Udinese,
con poche correzioni, può davvero farci un pensiero serio e allora
tutto acquisterebbe un senso, darebbe valore al nuovo corso.